Come saranno le città future?

Le città in cui tutti noi viviamo non sono progettate a caso ma secondo linee ben precise che risalgono a molti decenni addietro, ormai obsolete, per cui gli architetti si stanno interrogando su come dovranno essere le città future. Le città come le vediamo e viviamo oggi sono il frutto di una pianificazione urbana determinata dalla Carta di Atene del 1933, basata sulle funzioni umane come potevano essere concepite all’epoca, ovvero il lavoro, la residenza, il tempo libero e il trasporto.

Sono passati oltre 80 anni da allora, la società si è completamente ribaltata, si è rivoluzionata nel corso di questi anni, quindi le linee che erano valide allora, oggi sono assolutamente inadeguate ai tempi moderni. Un banale esempio è rappresentato da Torino: una città a forte componente operaia nel passato, dal dopoguerra fino agli anni ‘80, quando, con la crisi della Fiat, si sono verificati profondi cambiamenti sociali.

Allora Torino era una città che girava intorno al lavoro della più grande azienda italiana, il lavoro, i trasporti per andare e tornare dal lavoro, alcune attrazioni dopo il lavoro, il cinema, le sale da ballo, i circoli Dopo lavoro gestiti dalle stesse aziende che ruotavano intorno alla Fiat, dormire. Tutto in ossequio, in fondo ai dettami di Atene 1933, il lavoro, la residenza, i trasporti eccetera. Vari accadimenti hanno sconvolto questa visuale della città, a partire dalla differenziazione degli orizzonti lavorativi, la trasformazione del concetto stesso del lavoro, dall’occupazione certa, sicura, nella grande azienda alle idee innovative della nuova imprenditoria, l’immigrazione degli extra comunitari che hanno cambiato il volto di interi quartieri della città, l’innovazione tecnologica che ha cambiato gli stessi rapporti personali nell’ambito sociale.

Ripensare il futuro

Gli urbanisti, gli architetti si sono resi pienamente conto delle trasformazioni sociali intervenute e si sono interrogati su quello che può essere il futuro delle città, comprendendo che i principi della Carta di Atene del 1933 sono completamente superati, non hanno più la minima coerenza con la realtà dei giorni attuali. Ripensare le città è un imperativo, quindi, senza il quale la qualità della vita nelle città italiane è giocoforza inadeguato alla vita reale degli abitanti.

I nuovi principi che dovranno vedere la trasformazione delle città sono oggi caratterizzati da una radice ecologica, acqua, fuoco, quindi energia, Terra, aria. Sembra quasi un richiamo a principi vitali delle filosofie orientali ma sono assolutamente concreti nella nostra società attuali: l’energia deve essere ripensata in modo sostenibile, la Terra necessita di maggior rispetto della natura, di meno inquinanti che danneggiano la salute del genere umano, l’aria non deve più essere pestilenziale e nociva per la salute, l’acqua deve essere di buona qualità e soprattutto un bene di tutti, non un elemento speculativo in mano di pochi.

Questo in linea più generale mentre cinque elementi devono essere collegati al mondo tecnologico, il fare, muoversi, comunicare, percepire, riciclare, tutto nell’ottica della sostenibilità orientata alla creatività e al superamento delle disuguaglianze, il decadimento ambientale e sociale. Su questo gli architetti si stanno mobilitando, consapevoli che il modo di ripensare le città in cui viviamo ha influenza sui cicli naturali e il loro impatto sulla vita reale degli individui e sulle economie locali con ricadute inevitabili sull’economia più generale.

Spazi urbani condivisibili, socializzazione, superamento dell’isolamento individuale e una nuova solidarietà vera, reale è quanto dobbiamo tirare fuori da noi stessi, dalle nostre città, affinché la crisi da cui stiamo uscendo non sia stato solo un elemento negativo ma un elemento di crescita umana che fa crescere le coscienza di tutti, collettivamente e di ciascuno in prospettiva collettiva.

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